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KUKA LIGHT

Anno: 2015

Realizzare un’imbarcazione da competizione senza compromessi è un lavoro estremamente interessante e per una persona che si occupa di project management la possibilità di essere coinvolto in un programma di questo genere può essere considerata quasi “un sogno”. Quando Franco, durante un viaggio in aereo tra Malta e Milano mi parlò per la prima volta della sua idea di voler costruire una barca da regata “per andare veloci” una barca che non doveva sottostare a nessun regolamento di stazza l’entusiasmo è stato immediato, perché una visione così aperta, senza riferimento ad alcuna regola di stazza, ci avrebbe permesso di creare uno scafo assolutamente innovativo sotto tutti i punti di vista: architettura navale, processo costruttivo e organizzazione. La prima decisione presa, forse il solo punto fisso mai dato al progetto, è stata la definizione delle dimensioni; la barca doveva essere portata in regate d’altura da un equipaggio compreso tra 4 e 6 persone e conseguentemente la logica portò a limitare la lunghezza attorno ai 40-45′. Il passo successivo fu la scelta del Progettista e dopo averne parlato a lungo Franco decise che per fare una barca innovativa era importante avere gente giovane, persone che avessero una visione nuova e non condizionata da progetti fatti in precedenza. Ciò avrebbe comportato certamente qualche problema legato alla minore esperienza di progettazione, ma certamente sarebbe stato compensato da un impegno e un interesse certamente elevato. Si decise quindi di affidare il lavoro allo Studio ST con cui avevo già collaborato in passato e che avevano il vantaggio di potere sviluppare sia la parte di architettura navale che il progetto strutturale, un lavoro che, nel caso di una costruzione in compositi avanzati, è di fondamentale importanza che sia fatto in parallelo e che vi sia perfetta integrazione. Mentre i Progettisti lavoravano al computer e al tavolo da disegno venne definito il cantiere, o, più precisamente, i cantieri perché si decise di costruire il guscio scafo-coperta in Svezia da Marstrom, cantiere che Franco conosceva da anni in quanto è uno dei maggiori costruttori di catamarani da competizione e grande esperto di costruzioni in composito. Con loro venne elaborato un piano di lavoro che prevedeva la costruzione in vari elementi dello scafo e della coperta che poi sarebbero stati trasportati in Italia dal Cantiere Soleri che ha avuto il compito di assemblare il tutto, realizzando le struttura interne e allestendo gli essenziali sistemi e arredamenti interni. Il lavoro è stato abbastanza complesso, la logistica non era facile e i classici imprevisti tecnici che fanno la loro comparsa quando si fanno oggetti che sono “completamente al di fuori del comune” non hanno certo semplificato le cose, ma alla fine, grazie all’impegno di tutti e alla pazienza e alla capacità di Franco nel fare lavorare le persone “in Team”, tutti i problemi tecnici sono stati sempre brillantemente risolti e abbiamo “pagato” solamente un po’ di ritardi e un incremento dei costi….entrambi fattori rimasti, come sempre succede, a carico dell’Armatore.